Quante volte ci siamo sentiti inadeguati perché abbiamo commesso un errore nonostante le nostre intenzioni di fare o dare il meglio di noi? Quante volte ci siamo preoccupati degli errori dei nostri figli o delle loro scelte che sin dall’inizio sapevamo non avrebbero portato da nessuna parte o al più verso un risultato prevedibile e piuttosto negativo? Come abbiamo visto nell’articolo Essere padri oggi, troppo spesso noi adulti ci facciamo intimidire dalla possibilità dell’errore sia nostro sia dei nostri figli anche se a fin di bene. Nel primo caso sottovalutiamo la difficoltà di essere genitori, un mestiere che si impara esercitandolo e quindi anche sbagliando. Nel secondo, sottostimiamo la necessità di cadere, di sbucciarsi le ginocchia per imparare a camminare, correre e affrontare ogni tappa della crescita personale.

La paura del dolore e del fallimento

Purtroppo sbagliare ci fa sentire fallibili, vulnerabili, meno degni di essere amati e apprezzati perché fin da piccoli abbiamo sempre dato importanza all’opinione che gli adulti hanno di noi. La stima di noi si è formata anche grazie ai tanti “bravo” che abbiamo ricevuto quando le nostre performance, i nostri comportamenti erano soddisfacenti o coerenti con le aspettative degli adulti. Eppure l’errore fa parte del normale processo di crescita: sbagliando si impara. Il problema è che dietro l’errore, quando pensiamo ai nostri figli, c’è la paura che i nostri ragazzi si facciano male o prendano delle decisioni inappropriate che possano farli soffrire. Nei propri confronti, invece, rileva l’accezione che si da allo sbaglio che troppo spesso, infatti, assume le vesti del fallimento.

Il senso di inadeguatezza

Questo si traduce sul fronte personale in un sentimento di inadeguatezza che investe tutta la nostra persona quando invece dovrebbe essere messa in discussione al più solo la nostra efficacia su un compito specifico. Sul fronte sociale, poi, il fallimento viene vissuto come una vera e propria condanna sociale. Qualcosa cioè di difficilmente recuperabile. Ecco i motivi per cui spesso si è spinti a non rischiare, non decidere, procrastinare, puntare alla perfezione. Il prezzo del fallimento è troppo elevato da sopportare.

Senza errore non c’è crescita

Il processo di crescita, tuttavia, richiede proprio che si prendano le decisioni in maniera autonoma e si affrontino le relative conseguenze. Questo senza alcun giudizio di valore verso se stessi o gli altri. Solo in questo modo è possibile avviare il circolo virtuoso che ci permette di sottoporre a verifica le nostre scelte. In questo modo possiamo capire quali di esse generano i risultati per noi utili e quali no. Evitando così di commettere gli stessi errori in futuro. E poi diciamocelo, sentirsi in grado di sbagliare, di non dover per forza fare tutto e bene, ci consente di essere anche più simpatici…